Aggiornata la white-list italiana: dentro anche la Svizzera
La novità di maggiore rilievo è che nel nuovo elenco figurano stati che fino a qualche anno prima venivano considerati “opachi”, come la Svizzera, San Marino e Liechtenstein, per citarne alcuni.
Il decreto 239 stabilisce la non applicazione dell’imposta sostitutiva sugli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati, percepiti da soggetti residenti in paesi che consentono unadeguato scambio di informazioni. Mentre in precedenza la lista contava meno di 70 paesi, l’aggiornamento ha elevato il novero delle giurisdizioni “virtuose” a 134.
Per effetto delle recenti modifiche della white list, si amplia il mercato dei capitali per i soggetti pubblici e privati residenti in queste giurisdizioni che potranno beneficiare dell’esenzione dalle ritenute sui redditi di capitale di fonte italiana. Essi potranno così investire in titoli del debito pubblico italiano e in obbligazioni emesse da soggetti privati residenti in Italia (banche o società) senza subire un trattamento fiscale penalizzante.
Il provvedimento, in questo senso, dovrebbe permettere all’Italia di reperire in modo più agevole ulteriori fonti finanziarie dall’estero e in particolare da soggetti che in precedenza avevano un accesso fiscalmente meno favorevole. Questi soggetti, inoltre, non subiranno alcuna ritenuta neanche sui proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni o SICAV di diritto italiano né su operazioni di prestito titoli o di pronti contro termine.
Sul fronte dei risvolti dell’aggiornamento della white list per i contribuenti italiani, si abbatte dal 26% al 12,5% l’imposta sostitutiva applicabile nei confronti di beneficiari residenti che percepiscono interessi sui titoli emessi dagli stati esteri ed enti territoriali ora inclusi nella nuova lista.
L’aggiornamento dell’elenco è frutto degli accordi sullo scambio di informazioni conclusi sotto la pressione delle più influenti organizzazioni internazionali e sotto la spinta della recente voluntary disclosure del 2015. Grazie adesso banche, assicurazioni, fondi di investimento esteri di stati come Svizzera, San Marino, Russia, Libano, Liechtenstein, Hong Kong, Isole Vergini Britanniche e tanti altri, possono essere considerati per questi investimenti paesi “white list”.
Il ministero si riserva di vigilare l’effettività degli accordi discambio di informazioni con i nuovi “ammessi”. In caso di reiterate violazioni dell’obbligo di cooperazione amministrativa, infatti, l’Italia potrà cancellarli dalla lista dei “buoni”.
Per la Svizzera il provvedimento rappresenta certamente una svolta. Dopo l’abrogazione delle disposizioni sull’indeducibilità dei cosiddetti “costi black list” (contenute all’articolo 110, comma 10, DPR 917/1986) e del riferimento alle liste nere ad opera della norma sulla cosiddetta “Controlled Foreign Companies Legislation” (articolo 167, comma 4 dello stesso DPR917), l’Italia ha dato prova di onorare gli impegni assunti dopo la firma del protocollo sullo scambio di informazioni del 23 febbraio 2015.
Occorre, tuttavia, tenere bene a mente che la Svizzera figura ancora oggi nella lista nera italiana di cui al decreto del ministero delle finanze 4 maggio 1999. Ciò comporta che la Confederazione elvetica si considera fiscalmente privilegiata ai fini dell’applicazione delle seguenti norme:
- trasferimento della residenza da parte di cittadini italiani (con inversione dell’onere della prova a carico di questi ultimi ai sensi delle disposizioni contenute all’art. 2, comma 2-bis, DPR 917/1986);
- raddoppio delle sanzioni in caso di violazione dell’obbligo di monitoraggio fiscale (i.e. compilazione del quadro RW) per attività detenute nella Confederazione (articolo 5 del D.Lgs. 167/1990).
Questo mancato aggiornamento produce non poco impatto ai fini pratici specie per quei contribuenti che, avendo detenuto illecitamente le proprie attività finanziarie in Svizzera, abbiano aderito alla voluntary disclosure e abbiano, quindi, fatto la pace con il fisco. Se, infatti, l’investitore italiano ha deciso di mantenere il proprio conto nella Confederazione e abbia,dunque, necessariamente fornito all’Ufficio il cosiddetto “waiver” (i.e. autorizzazione allo scambio di informazioni), da un punto di vista pratico la Svizzera dovrebbe essere di fatto equiparata a un qualsiasi stato white list che consente la collaborazione, tanto più che ormai dal 23 febbraio 2015 i due Stati hanno introdotto lo scambio di informazioni in via bilaterale. Ora, se il contribuente del caso dovesse comunque commettere un errore nella complessa e macchinosa compilazione del quadro RW per gli anni successivi alla voluntary disclosure, o se invece dovesse in qualche modo interpretare in modo difforme dall’Ufficio le istruzioni di compilazione già di per sé poco chiare dei suoi righi, l’Agenzia delle Entrate finirebbe per applicare il raddoppio delle sanzioni in ogni caso. Da un punto di vista di giustizia fiscale, un tale approccio non potrebbe essere ragionevole o giustificato. A volte sono,infatti, proprio le regole complesse e arzigogolate che non favoriscono la compliance dei contribuenti ed espongono facilmente questi ultimi a pesanti sanzioni pecuniarie. Poco importa se il soggetto passivo si adoperi in modo virtuoso e dia segno di buona volontà: un’eventuale contestazione da parte dell’Ufficio si traduce facilmente in una pretesa pecuniaria per lo stato.